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#toninegri

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oggi, 7 febbraio, a bologna: “nanni balestrini: una lunga primavera”

Nanni Balestrini: Una lunga Primavera. Mostra collage a cura di Marco Scotini presso AF Gallery, a Bologna (via dei Bersaglieri 5/E) da oggi, 7 febbraio 2025: https://www.af-artecontemporanea.it/
Nell’immagine in alto, una fotografia a piena parete di Tano D’Amico realizzata nel corso del «convegno contro la repressione» tenutosi a Bologna nel settembre 1977.
Di seguito un testo che Toni Negri scrisse in occasione della scomparsa di Nanni Balestrini (da Settanta/Milieu):

Assemblare i pezzi

[…] Eccolo dunque, Nanni, organizzatore di cultura sovversiva, produttore di riviste politiche. Quelle cose, quelle macchine non erano mai «sue» ma appunto «dei compagni» che lui metteva al lavoro. La sua generosità era vincente, sempre, il suo lavoro quello di un’impresa comunista. Qualche tempo fa, lavorando su «Assemblea», e discutendo con Michael Hardt la figura di una nuova proposta teorica, quella dell’«imprenditore politico della moltitudine», mi sono venute in mente le esperienze di Nanni negli anni ’70. Come definire un imprenditore della moltitudine? Come un «meccanico» che assembla i pezzi di una macchina, meglio, per stare nella letteratura, come un autore che trasforma il «volgare» in lingua. Non è un inventore, ma qualcuno che recupera quanto fa parte dell’esperienza comune, in essa collaudato, e ne fa cosa praticabile, una nuova macchina. Ecco l’opera di Nanni messa in luce, questa sua capacità di far diventare «arte» il mettere insieme cose ed eventi, linguaggi ed emozioni politiche e di trasformare pallide avanguardie comuniste in macchine da guerra.
Nanni, il meccanico, non ha mai sognato orizzonti gloriosi nel comunismo realizzato. Nanni ha sempre vissuto la realtà quotidiana del lavoro militante. Disdegnava radicalmente l’utopia e vantava la propria amoralità comunista. Non pensava al futuro ma già viveva nell’avvenire. Ci ho pensato tanto a questa capacità di Nanni di farti sentire «naturale» nelle situazioni più avventurose e a confronto del pensiero critico. […]
Era così semplice stare assieme, fare le cose assieme. Io, Nanni, l’ho davvero amato. Mi ci ritrovavo, con lui, in quel suo «fare» senza troppo pensarci su, perché era più importante pensare facendo, costruendo. Il criterio, la misura stavano nel fare. La laicità di Nanni era tutta qui: una laicità sovversiva, un piacere della «superficie» in tumulto, alla Deleuze, alla Guattari (con i quali da vicino l’avrebbe poi condiviso), un’allegria della singolarità, dell’immanenza, senza il problema (o l’ossessione) di negare quel che non c’era o non valeva, come la trascendenza o l’autorità.

Il nuovo Meccano

[…] Siamo stati bene, passando le notti a comporre «Potere operaio», o a discutere senza costrutto su come riempire «Compagni,». Abbiamo girato l’Italia per contattare amici intellettuali dispersi e mezz’Europa alla ricerca di un Osvaldo furioso, abbiamo lavorato insieme (un nuovo «meccano» balestriniano) a costruire Ae&a – una piattaforma logistica, oggi si direbbe, per le mille imprese editoriali della moltitudine autonoma. «alfabeta» nascerà anch’essa di lì. Calogero trasformò presto questa iniziativa in «associazione di malfattori», in delinquenza organizzata. Poi vennero Rebibbia, Fossombrone, Palmi, Trani, per me. Per Nanni, Parigi, e poi Aix-en-Provence. Che cosa avrebbe fatto, isolato da quel suo Heimat che aveva costruito? Ce lo chiedevamo, ritenendo che il poeta fosse più in difficoltà dei suoi rozzi compagni. E invece, con Giairo a lato, Nanni associò gli intellettuali attorno a Deleuze e a Faye in «trasversali» letterarie e politiche – «Change International» – che permisero alla sinistra sovversiva di togliere spazio e fortuna (comunque di resistere) all’ennesima invasione dei Rosacroce, all’irrazionalismo reazionario dei nouveaux philosophes.

Verso i collage

[…] Una nuova primavera, questa, per Nanni, che nella fuga dalla repressione feroce dei Calogero, dei Dalla Chiesa, del «compromesso storico» ritrovava il senso del gioco e dell’avventura.
I collage cominciano allora. Un’incredibile agilità dell’epico e dell’ironico si combinano dentro questo nuovo meccano. Quei giornali che aveva organizzato, ora Nanni comincia (e lo farà tanto più rientrando in Italia alla fine degli ’80) a ritagliarli e a ricostruire figure e manifesti di un’avventura già repressa, ma sempre di nuovo risorgente e sempre più radicalmente sovversiva! Un insegnamento deleuziano: quanto rivoluzionari potevano essere, quanto potenti quei semplici frammenti di materia varia, in superficie danzanti.
In Italia intanto il potere e i letterati del «Corriere della Sera» puntavano sull’oblio di «Vogliamo tutto». Non c’è intervista fatta a Nanni in quei tempi nella quale, benevolmente e ipocritamente, non gli si chiedesse se non era pentito di aver scritto «Vogliamo tutto», quel capolavoro della letteratura operaista che resta, a oggi, uno dei più bei romanzi del Novecento. Bisognava dimenticarlo, cancellarlo quel romanzo che cantava una rivoluzione operaia – che, se non era stata vincente nella società, aveva comunque distrutto quell’indecente luogo di sfruttamento che era la fabbrica fordista.

7 febbraio, bologna: “nanni balestrini: una lunga primavera”

Nanni Balestrini: Una lunga Primavera. Mostra collage a cura di Marco Scotini presso AF Gallery, a Bologna (via dei Bersaglieri 5/E) il 7 febbraio 2025: https://www.af-artecontemporanea.it/
Nell’immagine in alto, una fotografia a piena parete di Tano D’Amico realizzata nel corso del «convegno contro la repressione» tenutosi a Bologna nel settembre 1977.
Di seguito un testo che Toni Negri scrisse in occasione della scomparsa di Nanni Balestrini (da Settanta/Milieu):

Assemblare i pezzi

[…] Eccolo dunque, Nanni, organizzatore di cultura sovversiva, produttore di riviste politiche. Quelle cose, quelle macchine non erano mai «sue» ma appunto «dei compagni» che lui metteva al lavoro. La sua generosità era vincente, sempre, il suo lavoro quello di un’impresa comunista. Qualche tempo fa, lavorando su «Assemblea», e discutendo con Michael Hardt la figura di una nuova proposta teorica, quella dell’«imprenditore politico della moltitudine», mi sono venute in mente le esperienze di Nanni negli anni ’70. Come definire un imprenditore della moltitudine? Come un «meccanico» che assembla i pezzi di una macchina, meglio, per stare nella letteratura, come un autore che trasforma il «volgare» in lingua. Non è un inventore, ma qualcuno che recupera quanto fa parte dell’esperienza comune, in essa collaudato, e ne fa cosa praticabile, una nuova macchina. Ecco l’opera di Nanni messa in luce, questa sua capacità di far diventare «arte» il mettere insieme cose ed eventi, linguaggi ed emozioni politiche e di trasformare pallide avanguardie comuniste in macchine da guerra.
Nanni, il meccanico, non ha mai sognato orizzonti gloriosi nel comunismo realizzato. Nanni ha sempre vissuto la realtà quotidiana del lavoro militante. Disdegnava radicalmente l’utopia e vantava la propria amoralità comunista. Non pensava al futuro ma già viveva nell’avvenire. Ci ho pensato tanto a questa capacità di Nanni di farti sentire «naturale» nelle situazioni più avventurose e a confronto del pensiero critico. […]
Era così semplice stare assieme, fare le cose assieme. Io, Nanni, l’ho davvero amato. Mi ci ritrovavo, con lui, in quel suo «fare» senza troppo pensarci su, perché era più importante pensare facendo, costruendo. Il criterio, la misura stavano nel fare. La laicità di Nanni era tutta qui: una laicità sovversiva, un piacere della «superficie» in tumulto, alla Deleuze, alla Guattari (con i quali da vicino l’avrebbe poi condiviso), un’allegria della singolarità, dell’immanenza, senza il problema (o l’ossessione) di negare quel che non c’era o non valeva, come la trascendenza o l’autorità.

Il nuovo Meccano

[…] Siamo stati bene, passando le notti a comporre «Potere operaio», o a discutere senza costrutto su come riempire «Compagni,». Abbiamo girato l’Italia per contattare amici intellettuali dispersi e mezz’Europa alla ricerca di un Osvaldo furioso, abbiamo lavorato insieme (un nuovo «meccano» balestriniano) a costruire Ae&a – una piattaforma logistica, oggi si direbbe, per le mille imprese editoriali della moltitudine autonoma. «alfabeta» nascerà anch’essa di lì. Calogero trasformò presto questa iniziativa in «associazione di malfattori», in delinquenza organizzata. Poi vennero Rebibbia, Fossombrone, Palmi, Trani, per me. Per Nanni, Parigi, e poi Aix-en-Provence. Che cosa avrebbe fatto, isolato da quel suo Heimat che aveva costruito? Ce lo chiedevamo, ritenendo che il poeta fosse più in difficoltà dei suoi rozzi compagni. E invece, con Giairo a lato, Nanni associò gli intellettuali attorno a Deleuze e a Faye in «trasversali» letterarie e politiche – «Change International» – che permisero alla sinistra sovversiva di togliere spazio e fortuna (comunque di resistere) all’ennesima invasione dei Rosacroce, all’irrazionalismo reazionario dei nouveaux philosophes.

Verso i collage

[…] Una nuova primavera, questa, per Nanni, che nella fuga dalla repressione feroce dei Calogero, dei Dalla Chiesa, del «compromesso storico» ritrovava il senso del gioco e dell’avventura.
I collage cominciano allora. Un’incredibile agilità dell’epico e dell’ironico si combinano dentro questo nuovo meccano. Quei giornali che aveva organizzato, ora Nanni comincia (e lo farà tanto più rientrando in Italia alla fine degli ’80) a ritagliarli e a ricostruire figure e manifesti di un’avventura già repressa, ma sempre di nuovo risorgente e sempre più radicalmente sovversiva! Un insegnamento deleuziano: quanto rivoluzionari potevano essere, quanto potenti quei semplici frammenti di materia varia, in superficie danzanti.
In Italia intanto il potere e i letterati del «Corriere della Sera» puntavano sull’oblio di «Vogliamo tutto». Non c’è intervista fatta a Nanni in quei tempi nella quale, benevolmente e ipocritamente, non gli si chiedesse se non era pentito di aver scritto «Vogliamo tutto», quel capolavoro della letteratura operaista che resta, a oggi, uno dei più bei romanzi del Novecento. Bisognava dimenticarlo, cancellarlo quel romanzo che cantava una rivoluzione operaia – che, se non era stata vincente nella società, aveva comunque distrutto quell’indecente luogo di sfruttamento che era la fabbrica fordista.

La maggior parte di noi, aveva da pochi mesi cominciato a frequentare le scuole superiori, a Milano, e avevano conosciuto il collettivo nella propria scuola.

Da collettivo studentesco a Coordinamento dei Collettivi Studenteschi di Milano e provincia, si sa, il passo è breve: come potevamo noi, quattordicenni con la maglia di Che Guevara, non innamorarci di un mondo di ribelli, sognator* e utopist* materialist*? Come potevamo non innamorarci del Cantiere, storica sede del Coordinamento dei Collettivi Studenteschi di Milano e Provincia, occupata nel 2001 per organizzare la partecipazione al G8 di Genova?

Toni Negri | Lunga vita all’Autonomia, alla Potenza dell’Utopia. Ricordi per Toni Negri dal Cantiere di Milano.

effimera.org/toni-negri-lunga-

anlässlich des Todes von #AntonioNegri haben unsere Freund*innen von der Zeitschrift Officina Primo Maggio einen Nachruf verfasst, den wir auf unserem Blog auf Deutsch veröffentlicht haben: https://sozialgeschichte-online.org/2023/12/22/nachruf-auf-antonio-negri-1933-2023

Nachruf auf Antonio Negri (1933–2023)
„In der Nacht vom 15. auf den 16. Dezember [2023] ist
#ToniNegri verstorben. Mit ihm verstirbt der letzte der Väter des #Operaismus, nur wenige Monate nach Mario Tronti. Um sich seiner zu erinnern, wird es Zeit brauchen, denn er war unter verschiedenen Aspekten eine herausragende Figur. Dies trifft sicherlich auf seine Stellung im akademischen Betrieb zu, aber vor allem auf seine Rolle im Zentrum der komplexen Beziehung zwischen Intellektuellen und der Arbeiterklasse, eine Beziehung, die dem Marxismus und den kommunistischen Bewegungen zugrunde liegt. Von diesem Blickwinkel aus betrachtet, überschreitet sein Handeln den Horizont der italienischen außerparlamentarischen Bewegungen, der letztendlich begrenzt war. Außergewöhnlich, praktisch einzig in seiner Art war seine Obsession mit der Revolution, er schien von diesem Dämon geradezu besessen, für ihn stellte er eine Lebenskraft dar. Eine Kraft, die diejenigen, deren Leben von der Persönlichkeit Toni Negris gezeichnet waren, mitgerissen hat, im Guten wie im Schlechten. Außergewöhnlich war auch der Hass, den er hervorgerufen hat, die beleidigende Verachtung mit der er überschüttet wurde und die in gewisser Hinsicht aus ihm einen der weltweit bekanntesten italienischen Intellektuellen gemacht haben. In gewissen Gegenden, insbesondere im Veneto, hat seine Anwesenheit unauslöschliche Spuren hinterlassen. Er hat für unsere gemeinsamen Ideale gekämpft und nun, angesichts der Nachricht seines Todes, überkommt uns eine große Trauer.“

Auf der Homepage von Officina Primo Maggio ist dieser Nachruf im Original nachzulesen.

Sozial.Geschichte Online · Nachruf auf Antonio Negri (1933–2023)Anlässlich des Todes von Antonio Negri haben unsere Freund*innen von der Zeitschrift Officina Primo Maggio einen Nachruf verfasst, den wir hier auf Deutsch veröffentlichen: „In der Nacht vom …

Una delle ultime interviste di #ToniNegri, in cui ripercorre per sommi capi il passaggio dalla "stagione eroica" dell'operai* massa, nell'esperienza di Porto Marghera, alla frammentazione del lavoro in cui è invischiat* l'operai* sociale di oggi.
I tempi in cui i filosofi si sporcavano le mani andando ai cancelli, parlando con le lavoratrici e i lavoratori, facendo inchiesta e ipotizzando pratiche di lotta. Oggi al massimo registrano podcast in cameretta col pigiama delle tartarughe ninja

yewtu.be/watch?v=qef6M2mYoFA